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Cividale, tanti amici e il suo pallone per l'ultimo saluto a Desio Flebus

Sulla bara anche il simbolo del basket a testimoniare la sua passione. Le comunità di Cividale e Torreano si sono strette ai familiari nel duomo.
di Lucia Aviani da il "Messaggero Veneto" del 11/04/2017.

CIVIDALE. Sulla bara il pallone da basket, simbolo della passione di una vita, la stessa che ha fatto di Desio Flebus il mito sportivo di Cividale e di Torreano, paese natale dei suoi genitori. Ma a dire addio al cestista c’era una rappresentanza territoriale ben più ampia, indice di fama, certo, ma pure di affetto, di stima verso l’uomo prima ancora che verso il campione. Gremito il sagrato del duomo, nell’attesa dell’arrivo del carro funebre, strapiena la basilica, che ha offerto ai familiari il conforto di un abbraccio corale, di una partecipazione sentita e carica di spirito di condivisione. La città ducale, la comunità di Torreano e tanta gente da fuori si sono strette attorno al dolore dei congiunti di Flebus, che lascia la moglie Maddalena, un figlio, Daniele, il fratello Patrizio e una marea di amici. L’incredulità per la sua improvvisa e prematura scomparsa, a 65 anni, non accenna a smorzarsi: la frase ricorrente, dal momento della disgrazia, è «sembra incredibile che non ci sia più». È il triste refrain degli ultimi giorni ed è risuonato anche ieri pomeriggio, fuori dalla chiesa, dalla bocca di qualcuno che raccontava di aver visto Desio poco prima che il malore fatale lo portasse via. Non si capacitano, i cividalesi, abituati a incontrare Flebus per la strada o nei luoghi dello sport – negli ultimi mesi il palazzetto di via Perusini, sede del campionato dell'Apu Gsa, di cui l’ex giocatore non ha perso una partita – e a scambiare con lui, figura affabile e cordiale, convenevoli e battute. E lo stesso vale per la gente di Torreano, centro cui Flebus è sempre rimasto legatissimo, per quanto fin da ragazzo risiedesse nella città ducale. «Era nato nel nostro paese – ricorda commosso il sindaco Roberto Sabbadini – e non se ne è mai staccato. A Torreano, dove fra l’altro abita suo fratello, Desio aveva parecchi amici di vecchia data, che era solito andare a trovare con cadenza settimanale. E quando arrivava non lo si notava solo per la sua altezza. Era una persona di spessore, dalla rara umanità. Ed era – sottolinea – estremamente attento alle iniziative e agli appuntamenti locali, che gli piaceva seguire e sui quali puntualmente si informava; c'è una forte affinità, in questo, con il fratello Patrizio, che è particolarmente attivo nella sfera del sociale. Di Desio Flebus rimarrà un segno indelebile». È una preziosa eredità, dunque, quella lasciata dal cestista, che alla carriera agonistica affiancò il lavoro in banca, soprattutto alla Bpc. «Non interroghiamoci sul perché di questa perdita. La morte non è mai comprensibile, non potrebbe esserlo», ha esordito nell’omelia l’arciprete di Cividale, monsignor Livio Carlino, dopo aver letto il messaggio di speranza racchiuso dal vangelo di Pasqua. «Se ne è andato improvvisamente, nella pienezza degli anni – ha proseguito il parroco –, quando avrebbe potuto iniziare a godersi il tempo della pensione. Ma continuerà a vivere nel ricordo di chi resta e ne ha conosciuto passioni e qualità: l’amore per lo sport, la capacità di intessere relazioni, la propensione all’incontro. Cose semplici che però fanno grande una persona e danno un senso compiuto alla sua esistenza».

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