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Malignani, 150 anni fa nasceva l’udinese che illuminò il mondo

UDINE. C’era un uomo che si aggirava, come una sorta di giardiniere, nel paesaggio fatato un po’ da tigre del Bengala, un po’ da Eden, che si apriva sul fianco del colle poco sotto il castello di Udine. E c’era un bambino che dall’alto lo osservava curioso perché a casa gli avevano detto che il “sior Arturo” era un genio. Era persino riuscito a far crescere lí, in piena città, le stelle alpine perché lui aveva il tocco magico e riusciva in tutto, dalla cosa piú complicata alla piú semplice.

A parte l’automobile a pila che si costruí un giorno per non restare inoperoso, a parte le fotografie che faceva e stampava da solo, seguendo l’esempio di papà Giuseppe, quelle mani abilissime e quella fantasia fervida avevano realizzato pure la macchinetta per cuocere e ibernare i marrons glacés, anche se in questo caso qualcosa era andato storto provocando un piccolo scoppio con una pioggia di zucchero fuso addosso allo stupito Archimede.

Probabilmente fu l’unico (minimo) fiasco di una carriera straordinaria, affrontata con serietà e divertimento in quanto il segreto del “sior Arturo” era di non fare nulla per scherzo essendo tutto motivo di approfondimento e passione.

Il ragazzo che dal piazzale del castello spiava l’insolito giardiniere, vedendolo salire sulla torre merlata simile a quella dei cavalieri della Tavola rotonda, era Renzo Valente, per tutti “Rensuti”, il grande giornalista che cosí ci consegnò uno dei ritratti piú insoliti e affettuosi d’un personaggio che Udine conosce certamente, ma mica tanto se ci si pensa bene. Eppure, in una eventuale graduatoria capace di abbracciare ogni epoca, probabilmente rappresenta il numero uno in assoluto. Lo ricordiamo oggi perché Arturo Malignani nacque proprio 150 anni fa, il 4 marzo 1865, quando Udine era ancora austriaca essendo diventata italiana solo alcuni mesi dopo, nel luglio 1866.

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A ricordarci questo nome nella vita di ogni giorno c’è sicuramente il prestigioso istituto scolastico di viale Leonardo da Vinci, uno dei gioielli nel sistema culturale ed economico friulano. Nato come Antonio Locatelli, poi gli venne tolto il nome del pilota che aveva affiancato D’Annunzio nel mitico volo su Vienna e che era troppo coinvolto con il fascismo. Dal 1946, nella sua intestazione la scuola celebra appunto Malignani, morto il 15 febbraio 1939, ma a parte tale omaggio la città non sembra aver esagerato e mostra una volta di piú un difetto, onorando facilmente i personaggi foresti piuttosto che i cittadini e commettendo cosí errori di sottovalutazione, come in questo caso. Se la toponomastica è un esempio significativo, allora ricordiamo che il “sior Arturo” ha avuto davvero pochino, solo una strada laterale di viale Bassi.

Ciò contrasta con quello che Arturo ha fatto e lasciato, in termini di orgoglio udinese, il che non vuol dire sentirsi superiori agli altri, ma almeno consci di quello che si è. Ecco per esempio come Giuseppe Marchetti, nel suo enciclopedico “Uomini e tempi”, lo raccontava: «La storia di Arturo Malignani è del genere di quelle che si fanno leggere ai giovinetti nel “Self he. lp” dello scozzese Samuel Smiles: storia d’uno scienziato e grande industriale che si fece dal nulla e veramente da sé.

Suo padre, Giuseppe, oriundo da Torreano di Cividale, era un modesto pittore di ritratti e di soggetti religiosi per chiese e, non riuscendo a campare, aprí a Udine un laboratorio fotografico quando quella tecnica era ai primi passi...». Lo studio cambiò piú sedi da via Cortazzis a via Manin finendo in Riva del castello, dove Arturo nacque, perdendo però molto presto sia la madre, Carolina Ruggeri, sia il padre.

A provvedere a lui fu la sorella Adele. Studente irregolare, preferí procedere da solo costruendosi una piccola officina nell’orto sulla pendice del colle. Lí cominciò una vicenda eccezionale, che meriterebbe di essere narrata in un romanzo denso di intuizioni e successi. Renzo Valente li riepilogava romanticamente cosí: «La lampadina, la diga del Crosis, la centrale di Vedronza, le turbine sulle rogge, il tram elettrico, il cemento, l’osservatorio meteorologico sulle torri, il tempo, le stelle, il vento...». La scoperta piú celebre e decisiva, come si sa, riguardò la sperimentazione delle lampadine elettriche a incandescenza.

Nel 1884 Arturo presentò i primi esiti illuminando negozi, fabbriche, ristoranti e vincendo, con il sostegno dell’industriale Marco Volpe, l’appalto comunale grazie all’accorgimento che permetteva una maggior durata delle lampade e una diminuzione degli effetti nocivi, garantendo luce a doppia intensità.

Favolosi quegli anni: il matrimonio con Maria Lupieri, la nascita del figlio Camillo, la certezza di avere imboccato la strada giusta. Nel 1895 arrivò un tedesco e notando che la città era ottimamente illuminata (con quel sistema, unica al mondo) visitò la fabbrica di Malignani convincendolo a contattare la società Edison a Milano. Lí c’era il direttore Giuseppe Colombo che, sulle scoperte fatte a Udine, informò Thomas Edison, il padre dell’illuminazione elettrica (o almeno colui che seppe sfruttarla meglio). Incredulo, invitò in America il genio friulano il quale partí da solo imbarcandosi in Inghilterra per il viaggio forse piú fantastico che un udinese abbia mai fatto. Si incontrarono, si accordarono e firmarono. Cosí Edison acquistò i diritti dell’invenzione di Malignani.

Sulla cifra si è favoleggiato. Qualcuno parla di 250 mila dollari di allora, 1896. Il “sior Arturo” tornò cominciando una nuova vita, mai pigra e vuota. «La sua - scrisse Valente anni fa - è la storia di uno straordinario omino casalingo, che gli udinesi però incredibilmente non conoscono». Ma è ancora cosí?

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