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Don Pinzano per 33 anni al Sacro Cuore

MONTANARO E CONTESTATORE DON AMELIO PINZANO
Vite di udinesi. In via Martignacco la festa per il suo 90º compleanno.

Il 2 dicembre 1955, nel giorno del suo 43° compleanno, era stato nominato parroco del Sacro Cuore. Oggi che di anni ne compie 90, don Amelio Pinzano ha ricevuto gli auguri nella sua nuova abitazione, in via Martignacco, dove è assistito dalla sorella Odilla. La comunità di via Cividale, dove ha svolto 33 anni di intenso apostolato, lo ha festeggiato ieri. Dopo quello della sua partenza, nel 1988 («Mandi pre Melio» si leggeva nel maxi-striscione sulla porta della chiesa), gli è stato tributato un nuovo, calorosissimo, saluto: il prete montanaro abituato alle durezze della vita, il vicario che nel '44 a Masarolis fermò le Ss che volevano distruggere il paese, il «contestatore» della famosa Mozione del clero friulano del 1967, amico di don Placereani e proboviro del Movimento Friuli, ha trascorso al Sacro Cuore più di un terzo della sua esistenza generosa e movimentata. Un cammino operoso e sofferto, cominciato in quel di Rodeano Basso dove Siro e Alie Pinzano, sposi ventenni, lo hanno messo al mondo il 2 dicembre 1912. Come lui stesso ha raccontato nella spigliata autobiografia «Memorie vive», pubblicata nel 1995 da Chiandetti, fin dal tempo del seminario mise in imbarazzo i superiori per le sue battute tutt'altro che politicamente corrette. Poi il primo incarico, nel 1937, a Porzûs e Clap («Mancul di Clap ce isal?», si chiedeva disorientato tra quelle quattro case), un'esperienza che comunque gli fu utile per arrivare, nel 1940, a Masarolis. Il suo predecessore aveva detto: «A Masarolis può stare solo un santo o un pazzo!». Ma lui scelse quell'impervia borgata «per compassione: era un paese di donne, vecchi e bambini, che vivevano dei pochi prodotti della terra: patate, fagioli, castagne. Gli uomini erano nelle miniere in Belgio». Per il vicariato di Masarolis don Pinzano rinunciò a Cornino di Forgaria ed ebbe un piccolo scontro con l'arcivescovo Nogara. «A Cornino c'era da completare la chiesa. Chiamarono me perchè l'avevo fatta nuova a Porzûs, ma quella costruzione già iniziata mi sembrava troppo grande per le esigenze locali e risposi: la completi chi l'ha cominciata!». Quel sant'uomo di Nogara si arrabbiò per la «disobbedienza» e lo sospese dalla celebrazione della messa per cinque giorni! Anni duri lassù tra le montagne (la luce elettrica arriverà nel '42), soprattutto dopo l'occupazione nazista, con tedeschi, fascisti e cosacchi sotto il paese e con i partigiani di Tito nelle zone circostanti. Il 27 settembre 1944 ci fu un rastrellamento: pre Melio affrontò le Ss che avevano piazzato le mitragliatrici davanti alla canonica minacciando di bruciare Masarolis (già avevano incendiato le case di Tamoris e Cespatok) e - spiegando che non c'erano partigiani - le convinse a tornare indietro. Una lapide, posta dalla popolazione «memore e grata», ricorda l'episodio. In quei mesi terribili erano scappati tutti e il «vicario» era l'unico riferimento in paese: ha fatto anche il medico, persino il dentista, calmando i dolori d'un soldato cosacco con cotone imbevuto di tintura di iodio. Ha salvato anche un ufficiale dell'aviazione Usa, il colonnello Charles Ross Greening, nascondendolo in canonica e curandogli l'itterizia (dopo la guerra è tornato in Friuli a ringraziarlo). Nel 1950, dopo dieci anni di «frontiera» l'arcivescovo ha richiamato don Pinzano a Udine, quale assistente diocesano delle donne di Azione cattolica. «Figurarsi! Un salvadi di Masarolis - commenta sorridendo pre Melio - tra le signore udinesi: preferii andare a piedi scalzi, con gli altri sacerdoti, in giro per i paesi al seguito della Madonna Missionaria!» E nel '55 l'incarico alla parrocchia del Sacro Cuore, rimasta vacante dopo la morte di don Primo Palla. A Udine pre Melio ha vissuto da buon comprimario, se non proprio da protagonista, la stagione vincente del Movimento Friuli («Don Placereani mi ha coinvolto, ma ho aderito con entusiasmo, per la causa friulana»). Accanto all'ingegner Fausto Schiavi e ad altri preti battaglieri come il gemonese Pietro Londero e Saverio Beinat di Avilla di Buia. Del 1967 è la «Mozione del clero friulano per lo sviluppo sociale della nostra terra» che raccolse ben 529 firme e mise in agitazione il Palazzo. Ma fece una triste fine, «sepolta negli oscuri corridoi della vecchia Curia, per ordine superiore». I tempi non erano ancora maturi. Nel 1988, lasciato il Sacro Cuore a don Giuseppe Peressotti, don Pinzano si recò, come «volontario pensionato», nuovamente a Masarolis. Che non era più la misera borgata degli anni '40. «Le case, dopo il terremoto, stavano rinascendo, confortevoli e con tutti i servizi». Animato dal fervore di sempre, ha dato una mano al parroco di Torreano, ha trovato amici vecchi e nuovi. «Ritorno - ha scritto a conclusione delle Memorie - per rimanere, fino al cimitero di Masarolis dove non fu mai sepolto alcun sacerdote: continueremo a pregare insieme, vivi e defunti». Ma non ha mantenuto l'impegno. Qualche anno fa l'artrosi ha cominciato a minare quel fisico che pareva indistruttibile; così, cedendo alle pressioni della sorella Odilla, rimasta vedova, si è trasferito da lei, in via Martignacco. «Qui - deve ammettere - ho l'assistenza che da solo non mi sono mai dato». Auguri, pre Melio. Il cimitero di Masarolis - facendo i debiti scongiuri - può attendere!

di MARIO BLASONI
tratto da "IL MESSAGGERO VENETO" del 02/12/2002

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